Consigli prima di partire in barca a vela

Di solito, quando si intraprende una vacanza in barca a vela in Croazia, non si sa mai cosa mettere dentro la valigia specialmente se non si ha esperienza di vita in barca. Il primo consiglio è sicuramente quello di non utilizzare mai valige rigide , una volta a bordo infatti, dopo che svuoterete il bagaglio, avreste il problema di trovare un posto dove riporre la valigia, è molto più indicata una sacca o una borsa morbida che una volta svuotata potrà essere piegata e riposta in un gavone. Un altro consiglio, è sicuramente quello di non portarsi troppi ricambi, ma scegliere bene i vestiti giusti anche perchè si tratta di una vacanza sportiva. Ricordate che in mare, anche in estate di notte può fare freddo, è bene quindi munirvi di un giubbotto leggero o una giacca a vento.

Eccovi un piccolo promemoria che potrà esservi utile durante la preparazione del bagaglio per la vostra crociera in barca a vela .

Cosa portare prima di partire

La cambusa in barca a vela

Cari equipaggi,
non penserete veramente di essere in un villaggio vacanze 5 stelle: sole, mare, tavole imbandite
.Questa è una vacanza in barca a vela!E soprattutto, cuochi e cuoche dei 40 ruggenti (le tempeste di Capo Horn), non vorrete far morire di fame il vostro unico
ed irripetibile SKIPPER ? Meno male che lo skipper è anche un grande cuoco !!
Chi decide di passare una settimana in barca a vela impara a convivere e a condividere con altri tutto ciò che ha intorno,
dagli oggetti quotidiani, agli spazi limitati della barca, alle emozioni e sensazioni che scaturiscono dall’essere circondati dal
mare e, quindi, dalla natura allo stato puro che puo’ offrire una crociera in barca a vela per l'estate 2022
La barca è una società in piccolo, in cui ognuno ha compiti e ruolo ben definito, ed anche la cucina ha la sua parte. E’ vero
che sono solo 7 giorni, è vero che quando siamo nei porti scendiamo a terra e andiamo al ristorante ma…come gestire
una colazione, un pranzo in barca, uno snack e soprattutto … come fare cambusa?
Abbiamo raccolto qui un po’ di esperienza di cuochi e amanti della vela: non solo ricette, ma anche idee per organizzare la
cambusa e cucinare in sicurezza durante la navigazione o la sosta in rada.
Alcuni già saranno cuochi provetti e avranno il sacro fuoco dell’arte culinaria, ma vi garantiamo che talvolta cascate male.
Con un equipaggio di anoressici? No, peggio!!! Con un equipaggio di lupi affamati ma imbranati, che, è un po’ paradossale
ma rende l’idea, sono andati poco oltre il preparare un Nescafè….
Non troverete qui ricette per la colazione (arrangiatevi tra di voi), ma abbiamo stilato un utile elenco cambusa
standard iniziale.
A parte le idee contenute nelle ricette, ci sono alcuni consigli su come conservare il cibo e come riporlo senza che “voli”
in giro per la dinette o per il frigo. Già, perché anche se non si viaggia “sbandati”, con le zucchine e le mele in frigo che si
puntellano contro burro e yogurt, pure la navigazione a motore qualche onda la incontra: quanto basta per ritrovarvi a
bordo non più ingredienti, ma marmellate.
Questa dispensina, poi, contiene un paio di sezioncine niente male: idee per l’aperitivo serale (e notturno, perché no?) ed i
drinks.
Insomma, dopo questa lettura (ma soprattutto dopo l’Happy Hour), non avremo mai più dubbi su cosa preparare se
stiamo navigando e ci viene appetito, ma stiamo anche manovrando di bolina in un fiordo strettissimo, virando ogni 2
minuti e ingaggiando con un’altra barca che non ha fame, ma il coltello tra i denti sì.

Ecco qui il famoso elenco cambusa.
Ci sono tante teorie su cosa portare, dipende poi dai gusti delle persone: qui forniamo un metodo ed una lista della spesa
base, utile per non dimenticare l’indispensabile e per capire le quantità giuste da imbarcare. Servirà all’inizio della crociera in barca,
e come traccia anche per le integrazioni durante le tappe della navigazione.
Allora, dividiamo la la spesa in 5 gruppi: scorta di base (scatolame, conserve, pasta, ecc.), prodotti freschi, gestione
barca (carta igienica, spugne, detersivi ecc.), bevande (hic!), altre richieste (di ognuno, allergie, ecc.)
È indispensabile che a bordo ci sia una o due persone responsabili della pianificazione, dell’acquisto e dello stivaggio delle
provviste di bordo. Un “cambusiere”, insomma, che durante la navigazione verifichi lo stato delle scorte e cerchi di
coordinare impiego ed acquisti. Della cucina vera e propria ci si può occupare a turno, anche divertendosi.
Oltre ai pasti principali, si devono considerare gli spuntini, molto frequenti in navigazione.
Per le bevande bisogna considerare almeno un litro e mezzo a testa al giorno. La sentina a centro barca è ottima per stivare
le bottiglie.
Attenzione a non conservare cartone a bordo: alcuni insetti lo trovano ottimo per deporre le uova, se non siamo
ai tropici comunque si può bagnare e fare poltiglia.
Altro punto critico è la conservazione degli alimenti deperibili, per cui diamo alcuni suggerimenti: la barca ha un frigorifero
che può raffreddare la serpentina solo a motore acceso. Si può rinforzare l’azione refrigerante, all’occorrenza, acquistando
blocchi di ghiaccio nei porti, se disponibile.
FRUTTA E VERDURA. Devono prendere aria, vanno stivate nel posto più possibile asciutto e aerato. Controllare ogni
giorno, se qualcosa é andata a male eliminarla immediatamente. Conservare i prodotti separati. La frutta che si mantiene
più a lungo sono le mele (ottime contro il mal di mare) e le arance.
BURRO. Si conserva in un contenitore ermetico colmo di acqua.
UOVA. Sono consigliati vari metodi. Se la crociera é breve basta rigirarle spesso, altrimenti dopo una scottatura spalmarle
di vaselina o pennellarle di paraffina sciolta; avvolgerle nella carta di giornale e disporle in un contenitore stagno. In ogni
caso quelle guaste galleggiano, e se si ha qualche dubbio meglio eliminarle!!!
PESCE. Il pesce fresco si mantiene tale per non più di un giorno, altrimenti deve essere svuotato, lavato, salato e essicato.
CARNE E SALUMI. A parte quella in scatola, dopo un giorno la carne non è più utilizzabile. Solo la carne di maiale
messa sotto sale in un contenitore ermetico si può conservare a lungo. Insaccati e prosciutti: si consigliano le buste perché
si conservano meglio. Devono stare in frigo, ed è meglio consumarle comunque velocemente una volta aperte. Per
l’affettato può anche essere utile separare le fette con foglie di insalata. Si manterrà fresco per alcuni giorni.
PANE. Meglio le grosse pagnotte, avvolte in teli e riposte in contenitori di legno durano molti giorni, oppure se proprio lo
si desidera fresco abbiamo inserito una ricetta.
FORMAGGI. Avvolti in un panno bagnato non seccano (valido prevalentemente per groviera). Se già seccati, il panno va
bagnato con vino bianco, e il formaggio sembra resuscitare.

Andature in barca a vela

Alcune nozioni di base di apprendimento durante le crociere in barca a vela per l'estate 2022. Un’imbarcazione a vela può assumere diversi modi di avanzare rispetto alla direzione del vento. L’andatura è la direzione di avanzamento rispetto al vento. A seconda di quale sia l’angolo che si viene a creare fra la traiettoria dell’imbarcazione e la direzione da cui proviene il vento reale, nascono le diverse andature. Conoscere le andature è importante per la regolazione delle vele.

Le andature principali sono: bolina, traverso, lasco, gran lasco, giardinetto e poppa. Lasco e gran lasco sono dette andature portanti.

La bolina è l’andatura attraverso la quale si risale il vento. Ogni imbarcazione può essere più o meno capace di stringere il vento, vale a dire l’angolo fra la direzione del vento e la traiettoria dell’imbarcazione può essere molto stretto (intorno ai 37°) per imbarcazioni che sono molto boliniere, oppure più largo (intorno ai 60°) per imbarcazioni che non sono buone boliniere. La bolina può essere stretta (37°-45° al vento reale), oppure larga (45°-60° al vento reale). Il traverso si ha quando l’imbarcazione riceve il vento in direzione perpendicolare (90°) rispetto alla sua traiettoria. L’andatura al lasco si ha quando il vento proviene da circa 120° rispetto alla direzione dell’imbarcazione. Mentre l’andatura di gran lasco è intorno ai 150° rispetto alla direzione del vento reale. L’andatura al giardinetto è ancora più poggiata rispetto a quella al gran lasco, ma spesso i velisti non prestano grande attenzione alla distinzione di angoli fra lasco, gran lasco o giardinetto.L’andatura di poppa si ha quando la direzione dell’imbarcazione è esattamente opposta a quella del vento (180°). Nell’immagine di Mauro Fornasari sotto sono rappresentate le principali andature.

Un’imbarcazione a vela non può navigare controvento. In tale situazione le vele fileggiano e l’imbarcazione si ferma. Nel caso in cui un’imbarcazione navighi troppo sbandata e c’è pericolo di scuffia, essa può essere messa momentaneamente controvento. L’unico modo per fermare un’imbarcazione a vela quando c’è vento è lascare completamente le vele e mettere la prua al vento. Potete usare questo stratagemma nel momento in cui vi troviate in una situazione di difficoltà e abbiate bisogno di chiarirvi le idee con calma. Una qualsiasi barca a vela deve essere messa con la prua al vento anche per essere armata, in questo modo le vele non oppongono resistenza e attrito nel momento in cui vengono issate. é molto importante tenere una deriva controvento quando viene armata sulla battigia: in caso contrario il rischio di una rovinosa scuffia sulla spiaggia rischia di rovinare l’attrezzatura. Imbarcazioni a vela di maggiori dimensioni, come dei cabinati, possono essere tenuti controvento con l’aiuto del motore qualora ve ne sia uno a bordo. In linea di massima se un’imbarcazione è dotata di armo a sloop (vale a dire due vele come armo principale: randa più fiocco), è preferibile prima armare la randa e solo successivamente armare il fiocco.Una volta issate le vele, è sufficiente puggiare a dritta o a sinistra per fare in modo che l’imbarcazione prenda subito il vento, di bolina. Continuando a puggiare, vale a dire mantenendo il timone con una determinata inclinazione rispetto all’asse longitudinale della barca, l’imbarcazione passa dalla bolina stretta alla bolina, poi procede verso bolina larga, traverso, lasco, gran lasco e infine poppa. Qualora si tenga il timone nella stessa posizione la barca continuerà a puggiare fino alla strambata.La strambata è il passaggio repentino delle vele da mure a dritta a mure a sinistra o viceversa da mure a sinistra o mure a dritta. Qualora il passaggio delle vele da poppa a poppa sia volontario, questa manovre si dice abbattuta.La strambata (come la straorzata e la strapuggiata) è involontaria, mentre l’abbattuta (come la virata) è volontaria.Mantenendo immutata la posizione del timone la barca inizierà a orzare sulle nuove mure. Perciò passerà dall’andatura di poppa a quella di gran lasco e poi lasco, traverso, bolina larga, bolina, bolina stretta.Se si continua ad orzare la barca ad un certo punto virerà: in questo modo cambierà nuovamente mure, ma, questa volta, da bolina a bolina. L’abbattuta è il passaggio di mure da poppa a poppa, mentre la virata è il passaggio di mure da bolina a bolina. In entrambi i casi in genere la randa non necessita di nessuna manovra, mentre il fiocco (a meno che non sia autovirante) deve essere lascato da un bordo e recuperato sull’altro bordo. Durante l’abbattuta è buona norma accompagnare il movimento della randa nel passaggio da un bordo all’altro, poiché è una manovra che in caso di vento forte può essere molto violenta e causare danni all’attrezzatura. Inoltre è necessario fare attenzione al boma durante l’abbattuta e in genere sempre quando si naviga alle andature portanti o di poppa.In particolare si dice che l’imbarcazione è “a fil di ruota” quando prende il vento esattamente dietro di sé (180°) ed in tal caso il rischio di una strambata è più che mai vivo. Per questo motivo è preferibile sempre evitare questa andatura.Quando un’imbarcazione è a fil di ruota le vele vengono tenute su mure opposte in modo da offrire la massima superficie al vento (ad esempio il fiocco viene tenuto sulle mure a dritta e la randa sulle mure a sinistra o viceversa). Questa regolazione delle vele si definisce a farfalla o a papillon.In linea di massima, per quanto riguarda la regolazione grossolana delle vele, vale questa regola: assunta un’andatura, le vele vanno lascate fino a quando non iniziano a fileggiare, a quel punto ci si ferma e si cazzano leggermente. In realtà la regolazione delle vele è faccenda complessa, capace di rovinare matrimoni e consolidate relazioni parentali, anche perché non è una scienza, ma dipende molto dalla sensibilità dell’equipaggio. Le vele vengono cazzate via via che si stringe il vento, mentre vengono lascate via via che si puggia, ma un equipaggio esperto è in grado di invertire il meccanismo: vale a dire fa orzare o puggiare l’imbarcazione in base alla regolazione delle vele. In questo modo, evitando di usare il timone, l’imbarcazione corre più veloce: ogni colpo di timone è un colpo di freno. Per governare la barca cercando di non usare il timone, è necessario considerare questa regola: la randa è orziera, mentre il fiocco è puggiero.Se le vele fileggiano: puggia!!

La regolazione delle vele in barca

Durante le crociere, spesso capita di trovare condizioni anticicloniche in cui le brezze termiche sono piuttosto deboli. In pratica, ci troviamo a navigare con un forza 2 – forza 3. Questo vento è perfetto per le andature di bolina, in quanto ci consente di raggiungere quei 5-6 nodi di velocità che rendono piacevole la nostra navigazione, ma se abbiamo il vento al portante le cose cambiano radicalmente, e spesso siamo costretti ad accendere il motore per sopperire alle scarse prestazioni a vela che caratterizzano queste andature con poco vento.
Se poi la nostra meta si trova proprio nella direzione verso cui spira il vento, allora siamo nella condizione peggiore. Se ci mettessimo in rotta col vento in poppa, infatti, la velocità sarebbe davvero bassa anche utilizzando un buon spi tangonato, e ben presto ci troveremmo costretti ad accendere il tanto detestato motore.

Allora cosa possiamo fare per andare più veloci? La risposta è semplice: dobbiamo orzare per crearci del vento apparente ed aumentare in questo modo la velocità della barca!

Sì, va beh, direte voi, ma orzando cambio rotta e non arrivo più a destinazione…

Sì, è vero che dovremo fare dei bordi, ma è altrettanto vero che il notevole incremento di velocità ci avvantaggerà in misura molto maggiore rispetto all’allungamento del percorso.

Per fare un esempio, deviando anche solo di 20 gradi rispetto alla rotta diretta, la distanza da percorrere aumenta solo del 7%, mentre l’incremento di velocità sarà facilmente superiore del 20%.

Il fenomeno dell’incremento sensibile di velocità si può ben notare osservando un diagramma polare. La parte destra (in blu) del grafico rappresentato qui a fianco (clicca sopra al grafico per ingrandirlo) si riferisce ad un’intensità di vento reale (TWS, cioè True Wind Speed) di 8 nodi.

Come si può notare, la VMG (Velocity Made Good) si ottiene con un angolo al vento reale (TWA cioè True Wind Angle) di circa 135 gradi che corrisponde ad una velocità della barca di 5,2 nodi.

La cosa interessante da notare è che l’angolo al vento apparente (AWA cioè Apparent Wind Angle) è di 100 gradi!

In pratica ci troveremo a navigare quasi al traverso e con una velocità di tutto rispetto, mentre la nostra rotta sarà deviata di soli 35 gradi rispetto alla rotta diretta. Non male, no?

E sempre dallo stesso diagramma polare possiamo notare che, se avessimo preso la rotta diretta e cioè col vento in poppa, la nostra velocità sarebbe stata di circa 3 nodi. Quei 35 gradi di scostamento dalla rotta ideale hanno prodotto quindi un incremento di velocità pari al 73%.

In sintesi, con poco vento è sempre meglio utilizzare uno spi asimmetrico o un gennaker e fare dei bordi, piuttosto che issare uno spi tradizionale tangonato e mettersi con un’andatura pressoché in fil di ruota. In questo caso il gennaker, oltre che più facile da portare, si rivela anche più efficace dello spinnaker simmetrico.

Con vento di maggiore intensità le cose ovviamente cambiano, ed allora la VMG si ottiene ad angoli maggiori. Nel grafico polare qui sopra, la linea rossa sulla sinistra si riferisce alla stessa barca, ma con 16 nodi di vento reale. In questo caso la VMG si ottiene con un angolo di 172 gradi (165 gradi di apparente contro i 100 di prima), quindi al di fuori del range di utilizzo di un classico gennaker. In questo caso sarebbe meglio tirar fuori dal sacco lo spi ed armare il tangone.In tutti i modi non vi spaventate,durante la crociera in barca a vela in Croazia avremo modo di imparare di piu’ con la pratica in mare.

La rosa dei venti

Ecco cosa imparerete durante una crociera in barca a vela:

Per la navigazione a vela è fondamentale la conoscienza dei venti

La rosa dei venti raffigura i quattro punti cardinali principali (nord, sud, est e ovest), con altrettanti quattro punti intermedi che determinano le seguenti altre direzioni: nord-est, sud-est, sud-ovest e nord-ovest.
A questi otto punti (i quattro principali e i quattro intermedi), e’ possibile raffigurarne altri otto intermedi: nord-nord-est (NNE), est-nord-est (ENE), est-sud-est (ESE), sud-sud-est (SSE), sud-sud-ovest (SSO), ovest-sud-ovest (OSO), ovest-nord-ovest (ONO), nord-nord-ovest (NNO).
Tutto sara’ piu’ chiaro vedendo l’immagine della rosa dei venti a centro pagina.

La rosa dei venti classifica i venti a seconda della loro provenienza.
Se infatti immaginiamo la rosa centrata sull’isola di Zante (quella del Foscolo per intenderci, sita a Sud-Est dell’Italia, vicino alla costa greca che si affaccia sul Mar Jonio), scopriamo che a Nord-Est c’e’ la Grecia (da cui proviene appunto il vento Grecale), a Sud-Est la Siria (da cui proviene appunto il vento Scirocco), a Sud-Ovest la Libia (da cui proviene appunto il vento Libeccio) e a Nord-Ovest Roma (da Roma “caput mundi” da cui proviene appunto il vento Maestrale che guarda caso significa “maestro dei venti”).
Con questo metodo sara’ piu’ facile ricordare i nomi dei venti e la loro provenienza.

Questi i principali venti con il quadrante graduato che avrete fissato sulla bussola durante la

Tramontana
E’ il vento del nord che proviene dalle regioni polari, e’ freddo e umido in Germania mentre e’ freddissimo e secco nelle regioni italiane.
E’ un vento che spira a raffiche; di solito porta tempo asciutto, cielo sereno e visibilita’ ottima.
Assume nomi vari (Aquilone, Buriana, etc.) secondo le regioni di provenienza e delle leggere variazioni di direzione.
Il piu’ noto e’ la Bora che soffia da ENE, specie nei mesi invernali sul golfo di Trieste e sul Quarnaro, e la cui azione e’ pero’ sentita su tutto l’Adriatico.

Grecale (o Greco)
Vento da Nord-Est con leggere variazioni di provenienza; e’ un tipico vento invernale; e’ freddo e asciutto e deve il suo nome al fatto che gli antichi navigatori del Mediterraneo centrale ritenevano che provenisse dalla Grecia.
Porta tempo buono e cielo sereno. Come la tramontana anche il grecale spira a raffiche.

Levante
Vento fresco che spira da est, di debole intensita’; nel Tirreno di solito preannuncia l’arrivo delle perturbazioni da Scirocco. E’ un tipico vento invernale che nel Mediterraneo e’ accompagnato da pioggia e tempesta.

Scirocco
E’ il vento di sud-est, proviene dal deserto del Sahara e in origine e’ secco e infuocato; attraversando il Mediterraneo, pero’, si carica d’umidita’ e nelle regioni settentrionali italiane spira come un vento caldo umido apportatore di piogge e nebbie.
Porta di solito tempo nuvoloso al nord, mare mosso, visibilita’ scarsa e puo’ durare molto a lungo.

Ostro o Mezzogiorno o Austro
Vento meridionale d’effetto debolissimo. La sua azione e’ scarsamente sentita nei mari italiani.
E’ apportatore di piogge e tempeste; deriva il suo nome da auster che era il nome latino del vento che gli stessi romani chiamavano anche nothus.

Libeccio (o Garbin)
E’ il vento di sud-ovest che i Romani chiamavano africo o ponente iemale; spira dalla Libia e venne cosi’ chiamato all’epoca delle Repubbliche marinare. E’ generalmente vento di tempesta.
Vento di caratteristiche particolari perche’, pur essendo un vento di mare, ha poche caratteristiche di tali venti.
Generalmente nasce molto velocemente, sviluppandosi fino a raggiungere una potenza eccezionale, per poi calmarsi con la stessa rapidita’ con cui e’ nato.
E’ il vento che segue le perturbazioni per cui cessato il suo effetto, di solito si ha un innalzamento della pressione con conseguente arrivo di tempo buono e cielo sereno.

Ponente (o Espero)
E’ il vento che, come dice il nome, spira da Ovest; e’ un vento tipico che spira nel periodo estivo sulle coste laziali ed e’ originato dal diverso riscaldamento della terra e del mare. Esso penetra nella terraferma fino a Roma determinando una gradevole frescura; a Roma viene chiamato ponentino. Gli antichi Romani lo chiamavano favonio o zefiro.
Vento estivo, fresco e pomeridiano, la sua influenza e’ sentita sul Tirreno e sull’Adriatico centro-meridionale.

Maestrale (o Maestro)
E’ il vento di nord-ovest che i Romani chiamavano chorus o circius; insieme al Libeccio e’ tipico del Mediterraneo centrale, spira ad una velocita’ che puo’ superare i 120 km orari; e’ asciutto ed e’ un vento di burrasca soprattutto sulla Sardegna e sulla Corsica. E’ il vento piu’ impetuoso e annuncia l’inverno.
E’ un vento di caratteristiche simili alla tramontana, solo di forza piu’ elevata, da cui il nome maestro dei venti.
Porta tempo freddo, asciutto e sereno. Interessa durante i mesi invernali, principalmente l’alto Tirreno ed il mar Ligure, giungendovi dalle vallate del Rodano e golfo del Leone.

Classificazione del vento

La classificazione del vento e’ basata sull’intensita’ con la quale esso spira (leggero, forte, teso, ecc.), sul suo comportamento nel tempo (regolare, irregolare) e sulla direzione da cui spira.

Intensita’

L’intensita’ del vento e’ misurata dalla sua velocita’ che e’ espressa in m/sec (o anche in km/ora o in nodi) ed e’ misurata da uno strumento (l’anemometro).

In base alla velocita’, i venti sono classificati in dodici gradi d’intensita’ (o anche di forza per usare un termine abbastanza conosciuto) secondo una scala di misura conosciuta come scala di Beaufort. Essa fu proposta nel 1806 da Sir Francis Beaufort, adottata dal Comitato Meteorologico Internazionale nel 1874 e riveduta dallo stesso Comitato nel 1926.

Recentemente, grazie alla tecnologia che consente di misurare velocita’ del vento anche superiori ai 200 km/orari, sono stati introdotti altri cinque numeri per cui la scala di Beaufort e’ composta di 17 gradi.

In particolare:

0 – fino a 2 km/ora: calma, il fumo sale verticalmente; mare calmo, Bonaccia, assenza di moto ondoso, mare forza zero;

1 – da 2 a 6 km/ora: bava di vento, il vento piega il fumo; increspature del mare, piccole onde (onde da 0 a 0,1 m), mare forza uno;

2 – da 7 a 12 km/ora: brezza leggera, si muovono le foglie; onde piccole ma evidenti, con qualche cresta (onde da 0,2 m a 0,3 m), mare forza due;

3 – da 13 a 19 km/ora: brezza tesa, foglie e rametti costantemente agitate; piccole onde con qualche cresta (onde da 0,6 m a 1,0 m) che comincia ad infrangersi, mare forza due;

4 – da 20 a 30 km/ora: vento moderato, il vento solleva polvere, foglie secche e si muovono piccoli rami; piccole onde con creste e spuma (onde da 1 m a 1,5 m) che diventano lunghe, mare forza tre;

5 – da 31 a 39 km/ora: vento teso, si muovono i rami maggiori, oscillano gli arbusti con foglie; si formano piccole onde nelle acque interne, onde grandi moderatamente lunghe con molta schiuma (onde da 2 m a 2,5 m) in mare aperto; mare forza quattro;

6 – da 40 a 50 km/orari: vento fresco, grossi rami agitati, sibili tra i fili telegrafici; mare agitato (onde da 3 m a 4 m), si formano marosi con creste di schiuma bianca, e spruzzi, mare forza cinque;

7 – da 51 a 61 km/orari: vento forte, alberi agitati, difficolta’ a camminare contro vento; mare agitato con schiuma che comincia ad essere sfilacciata in scie, e spruzzi (onde da 4 m a 5,5 m), mare forza sei;

8 – da 62 a 74 km/orari: burrasca moderata, rami infranti, grossi alberi agitati, camminare controvento e’ impossibile; violenti cavalloni che si abbattono l’uno sull’altro (onde da 5,5 m a 7,5 m), mare forza sette;

9 – da 75 a 87 km/orari: burrasca forte, oggetti e tegole asportati; violenti cavalloni che si abbattono l’uno sull’altro, onde alte (onde da 7 m a 10 m), mare forza otto;

10 – da 88 a 102 km/orari: burrasca fortissima, rara in terraferma, alberi sradicati o schiantati, gravi danni alle abitazioni; onde alte (onde da 9 m a 12,5 m) che impediscono la visibilita’, mare forza nove;

11 – da 103 a 117 km/orari: fortunale, devastazioni gravi; onde alte (onde da 11,5 m a 16 m) che impediscono la visibilita’, mare forza dieci;

12 – da 118 a 133 km/orari; uragano, devastazioni gravissime, onde altissime (onde oltre 14 m), mare forza dieci.

I cinque gradi aggiunti (dal 13 al 17) sono tutti classificati uragano sia pure con velocita’ del vento fino a 220 km/orari.

Comportamento nel tempo

Riguardo al comportamento dei venti nel tempo, i venti possono essere REGOLARI e IRREGOLARI.
I venti regolari a loro volta possono essere costanti, quali gli alisei e i controalisei e periodici, quali i monsoni e le varie brezze (di mare, di terra, di monte e di valle).
I venti irregolari sono invece quelli che sfuggono a codificazioni e derivano da particolari situazioni atmosferiche che possono verificarsi in determinate zone, come ad esempio i cicloni, i tornados (Antille), i tifoni (Oceano Indiano), i pamperos (America meridionale), etc.

Direzione

La direzione del vento e’ invece individuata dal punto cardinale dal quale proviene: cosi’ da nord spira la Tramontana o Borea, da nord-est il Greco o Grecale, da est il Levante, da sud-est lo Scirocco, da sud l’Austro od Ostro, da sud-ovest il Libeccio, da ovest il Ponente e da nord-ovest il Maestro o Maestrale (la direzione del vento e’ indicata da appositi strumenti detti anemoscopi).

Vele d’epoca nel mondo

Da sempre una delle passioni più forti che hanno segnato la storia dell’uomo è quella per il mare. Sul mare si viaggiava, si pescava, si commerciava, si guerreggiava. E, nei secoli, ci sono state imbarcazioni adatte per ognuno di questi scopi e, nei secoli, sono cambiate aggiornandosi con nuove tecnologie o nuove tecniche costruttive.
Oggi c’è chi unisce la passione per il mare con la passione per le imbarcazioni dei tempi passati, naturalmente a vela; ed è così che è nata l’Associazione italiana vele d’epoca, la più prestigiosa al mondo.

Quando si parla di vele d’epoca è utile chiarire la distinzione tra varie categorie tipologie di barche.
Yacht d’epoca: yacht in legno o metallo di costruzione anteriore al 1950
Yacht classici: yacht in legno o metallo di costruzione anteriore al 1976
Spirit of Tradition: yacht realizzati dopo il 1976 che seguono linee e concetti progettuali degli yacht d’epoca o classici.

Anche l’armo, ovvero il tipo di alberatura e quindi di vele usate, è un utile metro per distinguere questi gioielli del passato.
Sloop: classico armamento d’imbarcazioni a vela con un solo albero, due vele, rispettivamente randa e fiocco, di differenti misure metrature.
Ketch: imbarcazione con due alberi. Il più alto è quello di Maestra (verso prua), quello più basso si chiama di Mezzana (verso poppa) ed è posizionato di fronte al timone.
Yawl: imbarcazione a due alberi che si differenzia dal ketch per il solo fatto che l’albero più piccolo, di Mezzana, rimane dietro la ruota del timone.
Cutter: armo dotato di due o tre vele con doppia velatura a prua. Il fiocco più ampio sullo strallo, il controfiocco e la trinchetta, vela più piccola sullo stralletto quindi più spostata a centro barca.
Goletta: yacht di medie o grandi dimensioni con due alberi. Quello di poppa è pari o più alto rispetto all’albero di prua. Si possono prevedere vele supplementari a prua sugli stralli.
Aurico: usato tra la fine del XIX° e l’inizio del XX° secolo, L’armo aurico è caratterizzato da una randa di forma trapezoidale tesa tra l’albero, un picco (nella parte alta) e il boma. Al di sopra della randa può essere issata una seconda vela di forma triangolare: la controranda, murata all’alberetto (la parte superiore dell’albero) e al picco.
Marconi (o bermudiano): attrezzatura velica così denominata perchè le imbarcazioni attrezzate con questo tipo di vele ricordavano le antenne della radio inventata dallo scienziato italiano. Questo armamento fu introdotto agli inizi degli anni ’30, con i JClass, e prevede l’utilizzo di vele triangolari, con la randa inferita all’albero – in un pezzo unico e non più diviso in albero e alberetto – e al boma, mentre la vela di prua, genoa o fiocco, è inferita allo strallo.Articolo preso da http://www.aive-yachts.org/

I nodi del marinaio

I nodi oggi come un tempo hanno varie funzioni e spesso ci sono utili anche nel quotidiano, nell’ambito del lavoro, come a casa o semplicemente nel tempo libero. Con questo mio breve articolo non ho certo la presunzione di “insegnare” a chi che sia l’arte del nodo, ma molto semplicemente mi prefiggo l’obbiettivo di portare l’attenzione sulle potenzialità che ci vengono offerte dalla capacità di saper fare un buon nodo, quando magari ci troveremo a manovrare una corda. Nella legatura si eseguono diversi tipi di nodi: d’avvolgimento, di giunzione, d’arresto, ecc.; per fare una legatura, però non è sufficiente eseguire una serie di nodi ma occorre conoscere la natura dei cavi e saperli trattare. Saper fare i nodi è soprattutto una delle nozioni fondamentali per la vita scout all’aria aperta e conseguentemente trova vaste applicazioni anche nell’ambito del Soft-Air.

Non c’è lavoro di pionieristica e non c’è momento di vita all’aperto in cui essi non vengano richiesti: dal nodo per il tirante della tenda da campo a quello per issare, un carico come le attrezzature, gli zaini, o magari anche legare materiali sul portapacchi dell’auto o la bandiera sull’asta, ecc., dal nodo per allestire un bivacco con rami arbusti ,durante una vacanza in barca a vela e quant’altro la natura può offrire al momento o costruire e mettere in sicurezza passaggi aerei su percorsi sdrucciolevoli e disagiati o sentieri scoscesi, come in determinate situazioni di emergenza o stabilità precaria. Un nodo fatto bene è un nodo che resiste a tutti gli sforzi e che è facile da sciogliere, mentre un nodo fatto male invece, si scioglie al minimo sforzo oppure rimane così stretto da non riuscire più a scioglierlo.

Ma, oltre a ciò, i nodi andrebbero imparati bene perché sono importantissimi in tutte le operazioni di salvataggio.

Una vita umana può dipendere da un nodo ben fatto, ad esempio per lanciare un cappio solido a chi guada un torrente o peggio, accidentalmente rischia di annegare, come per calare qualcuno dalla sommità di un dirupo o dalla finestra di una casa che va a fuoco, quindi occorre avere pratica per sapere fare il nodo giusto, quando occorre e magari in pochi e preziosi istanti. Imparare i nodi, esercitandosi con una fune o con una corda, ma non adoperare spago o lacci perché nel momento in cui si avrà veramente bisogno di quel nodo, dovremo saperlo fare con una corda vera e non solo con uno spago.

Vi consiglio di provare e riprovare finche non diventi un gesto naturale, automatico e che si padroneggi in qualunque momento. In diversi casi esistono più nodi che svolgono una stessa funzione, pertanto la scelta di uno rispetto ad un altro è un fatto puramente soggettivo, e può dipendere molto dalla nostra capacità manuale.

A prescindere comunque dalle preferenze personali, esistono tecniche e termini universali che è bene conoscere e ricordare, fra questi è importante sapere che il dormiente è il capo della corda che non prende attivamente parte alla realizzazione del nodo, mentre l’altro capo è definito corrente; il doppino è il ripiegamento della corda su se stessa a formare un occhiello, la legatura è un nodo che si realizza attorno ad un oggetto, mentre il nodo doppio è un nodo che si realizza su una porzione doppia della corda oppure su una coppia di corde.

NODI di ARRESTO
I nodi d’arresto si eseguono all’estremità dei cavi, allo scopo d’impedire che essi si sfilino da fori o da bozzelli.

L’applicazione più elementare dei nodi d’arresto è il nodo che serve a trattenere il filo nella cruna dell’ago.

In marineria i nodi d’arresto vengono impiegati nelle manovre correnti (scotte, drizze, ecc.) e a scopo decorativo su cime particolarmente in vista. Alcuni di essi, come ad esempio il pugno di scimmia, possono essere impiegati come nodi d’appesantimento per le cime o sagole da lancio. I più importanti nodi d’arresto sono: il nodo semplice, il nodo Savoia, il nodo del cappuccino, il nodo del francescano, il pugno di scimmia.

Nodi di giunzioneNodo semplice
È la base di molti altri nodi più complessi.

Nodi di Accorciamento, Nodo a otto, o nodo Savoia, o nodo alemanno
Per accorciare di poco una corda o per impedire che essa si sfili da un anello o da una carrucola. Per fare una corda per arrampicate.

Nodo del cappuccino
Per appesantire l’estremità di una corda, o per evitare che essa fuoriesca da un anello o da una carrucola, o per fare una corda per arrampicata.

Pregi e difetti:
Il nodo semplice, detto anche singolo, se fatto all’estremità del cavo è un nodo sicuro, ma ha il difetto di stringersi troppo danneggiando le fibre del cavo. Per tale motivo è difficile da sciogliere, particolarmente quando il cavo è bagnato. È un nodo raramente usato nella nautica.

Applicazioni:
Il nodo semplice alla funzione d’arresto unisce quella di tenere legato un corpo, quando i due capi della fune siano in tensione però altrimenti il nodo si scioglierebbe con estrema facilità. La sua presenza sulle funi di salvataggio, a intervalli regolari, rende più agevole l’arrampicata, come anche garantire una miglior presa se usiamo la corda per salire un albero, un muro o altro ostacolo. È infine l’elemento base per la realizzazione di nodi più complessi.

NODI di GIUNZIONE
Fanno parte dei nodi di giunzione quei nodi che l’uomo ha usato da sempre nelle più elementari occorrenze: per costruire capanne, unendo liane, trappole per animali, armi primitive, per tessere, per intrecciare. Ai nodi di giunzione si chiede facilità di essere sciolti dopo l’uso, e di poter unire le estremità, di due cavi senza danneggiarne la consistenza, sostituendo l’impiombatura.

Nodi di giunzioneTali nodi, pertanto, danno la possibilità di usare gli stessi cavi o cime più volte. Affinché i nodi di giunzione offrano una certa sicurezza occorre che i cavi usati abbiano lo stesso diametro e le stesse proprietà fa eccezione a questa regola il nodo bandiera che, pur unendo due cavi di diverso diametro e natura, risulta altrettanto sicuro.

I più importanti nodi di giunzione sono: il nodo piano, il nodo di scotta o bandiera, il nodo vaccaio, il nodo inglese, il doppio nodo inglese le due gasse. Per alcuni nodi di giunzione esiste la possibilità del ganciamento, il quale consiste in un doppino che forma un occhio aggiunto al nodo stesso.

I nodi ganciati più importanti sono: il nodo piano ganciato, detto nodo di terzarolo o di matafione e il nodo bandiera ganciato. Esistono altri nodi di giunzione, con caratteristiche diverse da quelli usati nell’arte marinaresca, i quali quando si stringono non possono più, sciogliere. I più noti sono il nodo del tessitore e il nodo di rete.

Nodo di scotta o bandiera
Tale nodo deve il suo nome all’uso cui è destinato. Infatti è detto nodo di scotta perché serve a collegare le scotte, cioè i cavi usati per orientare la velatura, con speciali occhielli situati alle estremità delle vele quadre; è, detto anche nodo bandiera perché con due nodi bandiera vengono appunto collegate le estremità inferiore e superiore delle bandiere.

Nodi di Giunzione Nodo piano, o nodo del terzarolo
Per unire due corde di uguale spessore. Non va usato per forti pesi.

Nodo della rete, o nodo incrociato, o nodo di bandiera
Per unire due corde, anche di spessore differente, adatto anche per forti pesi. Per fabbricare una rete (da cui prendere il nome). Nel caso di corde di spessore differente, è la corda più piccola che va incrociata perché la trazione la fa immobilizzare contro la corda grossa. Con due corde dello stesso spessore il nodo della rete è più sicuro del nodo piano.

Nodo del pescatore, o nodo inglese
Per unire due corde di uguale spessore, specialmente se umide. Si scioglie facilmente anche se le corde sono bagnate. I due nodi semplici devono incastrarsi uno nell’altro e non opporsi uno contro l’altro.

Nodo del chirurgo
Per unire due estremità di funi di uguale spessore, in particolare se sono sfrangiate. Utile per i lacci emostatici.

Nodo di rosetta
È un caso particolare di nodo piano. Si disfa facilmente tirando i capi liberi della corda.

Nodo di Carrick
Carrick in irlandese significa roccia e questo nodo, molto solido, serve per unire corde di almeno 20 mm di diametro, sottoposte a sforzi considerevoli. Il nodo di carrick va completato con due piccole legature a fascia. In caso contrario, sotto trazione il nodo si aggroviglia e non serve a nulla.

Pregi e difetti:
I pregi dei nodi di scotta o nodi bandiera sono: poter unire due cavi di diverso diametro e natura, una rapida esecuzione, non scorrere, non stringersi e offrire una maggiore resistenza se sottoposto a forte tensione. Il maggiore pregio di questo nodo consiste senza dubbio nel poter unire due cavi di diverso diametro; ciò non toglie, però che esso non possa essere usato altrettanto proficuamente nell’unione di cavi di uguale diametro.

Applicazioni:
Questi nodi vengono usati in nautica sulle manovre correnti, per collegare gomene, sagole, sartie e stralli; in alpinismo per collegare due corde anche di differente diametro; infine in campeggio per mettere in tensione i tiranti, per appendere l’amaca, ecc.

Nodo parlato

NODI di AVVOLGIMENTO
I nodi d’avvolgimento, generalmente, si eseguono direttamente su di un oggetto, sia per assicurare qualcosa su di esso, sia per stringergli un cavo attorno. È buona regola mentre si eseguono le volte seguire il senso di torsione del cavo. Questi nodi sono anche usati frequentemente in caso di necessità per le operazioni di salvataggio in montagna, dagli operatori esperti e preposti a tali attività.

I nodi d’avvolgimento sono divisi in due gruppi: al primo appartengono quei nodi che vengono eseguiti passando due o più volte il cavo attorno all’oggetto e inserendo corrente e dormiente sotto le volte; al secondo gruppo appartengono quei nodi che vengono eseguiti passando due o più volte attorno all’oggetto e annodando il corrente attorno al dormiente con dei mezzi colli. Fanno parte del primo gruppo: il parlato semplice, doppio e triplo (su asta o anello), il parlato ganciato, la bocca di lupo, il nodo di galloccia, il nodo di galloccia ganciato. Appartengono al secondo gruppo: i mezzi colli, il mezzo collo ganciato, il nodo di ancorotto, doppio e triplo, il nodo di bozza.

Nodi di avvolgimentoNodo parlato, o nodo del barcaiolo
È il più semplice dei nodi di ancoraggio, è molto solido ed è facile e rapido da sciogliere. Serve per legare una fune a un palo o come nodo iniziale per le legature.

Nodo a bocca di lupo
Per sospendere un carico, per ancorare una corda a un punto. Molto utile soprattutto per preservare dall’umidità del terreno gli zaini o altro materiale, appendendoli in modo rapido ai rami.

Nodo a mezza chiave
Per fissare un tirante a un picchetto, utile soprattutto quando si ha l’esigenza di dover smantellare il bivacco in maniera rapida senza perdere tempo a districare nodi o per ancorare una corda a un’altra già tesa, oppure ad un palo.

Nodo paletto, o nodo del muratore, o nodo a legno, o nodo d’anguilla
Serve per ancorare un oggetto, per iniziare una legatura, per legare un carico da trascinare o da issare, ad esempio uno zaino, come pure delle attrezzature particolarmente ingombranti.

Nodi di Ancoraggio e nodo galera
Nodo scorrevole. È utile per costruire una scala a pioli, per fare un pacchetto, per impedire al tappo di uscire del collo di una bottiglia.

Nodi di Salvataggio Nodo di bolina, o gassa d’amante, o cappio del bombardiere
Forma un anello che non scorre. Per far salire o scendere una persona lungo una parete verticale, o per portare aiuto a qualcuno in pericolo in un posto difficilmente accessibile.

Nodo di bolina doppio
Ha gli stessi impieghi del bolina semplice, ma è molto più efficace perché ha due anelli che sostengono meglio una persona.

Nodo di bolina triplo
Si fa come la bolina semplice, ma la corda è messa doppia. Ha gli stessi impieghi del bolina semplice e di quello doppio, ma la sua efficacia è ancora maggiore, perché gli anelli per sostenere la persona sono tre.

Nodo del tessitore
Può servire come sedile, come nodo di ancoraggio, o per accorciare una corda. Utilissimo in caso di soccorso.

Nodo di Prusik
È un nodo derivato da quello a bocca di lupo, ha gli stessi usi e serve anche come nodo di sicurezza per ancorarsi con una certa elasticità a un’altra corda.

Nodo dell’evaso
Per scendere e per recuperare la corda subito dopo.

NODI di ACCORCIAMENTO
Per nessuna ragione al mondo si deve tagliare una fune. Una fune tagliata, infatti, ha perso gran parte del suo valore e nessun nodo di giunzione può restituirle le primitive doti di sicurezza e utilizzabilità. Quando la lunghezza del cavo è abbondante rispetto a un particolare impiego si può, ricorrere ai nodi d’accorciamento, che, come dice il nome, servono ad accorciare i cavi senza ricorrere al loro taglio. Un particolare impiego di nodi d’accorciamento consiste nell’esclusione dall’utilizzo delle parti logore o danneggiate che il cavo dovesse presentare: quelle parti, infatti, essendo incluse nel nodo di accorciamento, rimangono inoperanti e di conseguenza escluse da ogni sforzo.

Nodo margherita
Per accorciare o per tendere una corda sottoposta a tensione costante, senza tagliarla e senza staccarne le estremità. Per rinforzare un tirante logorato.

Pregi e difetti
I pregi dei nodi d’accorciamento derivano dagli impieghi più sopra descritti.

NODI SCORSOI
Origini
I nodi scorsoi figurano tra i nodi più antichi che l’uomo conosca: fin dalla preistoria, infatti, l’uomo li ha usati come trappole per la cattura degli animali. I principali nodi scorsoi sono: il nodo scorsoio semplice, la gassa d’amante scorsoia, e il nodo dell’impiccato. Questi nodi sono chiamati anche cappi o lacci. La loro caratteristica è quella di stringersi attorno agli oggetti sui quali sono fatti: quanto più forte è la trazione esercitata sul corrente tanto più forte il nodo scorsoio stringe l’oggetto attorno al quale è avvolto.

Pregi e difetti
Il fatto che la presa dei nodi scorsoi sia direttamente proporzionale alla tensione del cavo costituisce più un difetto che un pregio. Questa caratteristica, infatti, limita il loro impiego a quei casi in cui si è ben certi che la tensione del cavo è costante; all’inverso, l’allentarsi della tensione del cavo rende i nodi scorsoi estremamente insicuri. In conclusione, a parte impieghi ben definiti, è consigliabile evitare l’uso dei nodi scorsoi. Si preferiscano ad essi i più sicuri nodi a occhio dai quali in definitiva derivano.

Nodo margheritaRIPORRE LA CORDA
Anche riporre un cavo o la corda necessita di un nodo che permetta alla matassa o al rotolo, di restare unita per agevolarne il trasporto e soprattutto di poterla disciogliere ed impiegare rapidamente nel momento del bisogno.

Arrotolare un cavo
Si arrotola un cavo, quando si prevede di appenderlo per un lungo periodo, o comunque riporlo in un luogo fisso e stazionario.

Matassa
Il metodo della matassa generalmente si usa per sistemare la corda all’interno dello zaino o per fissarla alle apposite fettucce dello stesso in modo da agevolarne il trasporto.

Glossario dei termini in uso:
Anima
È la parte resistente delle corde trecciate costituita da fibre parallele o debolmente ritorte.

Assuccare
Stringere una legatura, un nodo; mettere in tensione una manovra o un cavo in bando.

Bozzello
Nel linguaggio marinaresco è sinonimo di carrucola. Il bozzello può essere semplice, doppio, triplo, ecc., in funzione del numero di pulegge che lo compongono. Il bozzello semplice è una leva di primo genere e serve a cambiare la direzione con cui si muovono i cavi. I bozzelli multipli, uniti ad altri bozzelli, formano i paranchi, cioè quei sistemi di funi che richiedono una minor applicazione di forza per vincere certe resistenze.

Nodi scorsoiCavo
Nel linguaggio marinaresco è sinonimo di corda o fune.

Cima
Termine marinaresco usato per indicare una fune di medio diametro.

Collo
Giro completo di un cavo attorno a un oggetto in modo che il corrente e il dormiente divarichino di 180°.

Commettitura
E’ l’operazione di torsione dei legnuoli che così uniti formano il cavo.

Corrente
Il tratto terminale di cima che nella confezione di un nodo ha parte attiva. Il termine corrente viene usato in contrapposizione all’altro tratto di cima che, non prendendo parte attiva nella confezione del nodo, viene chiamato dormiente.

Doppino
Ripiegamento di un cavo su se stesso. Il cavo ripiegato, dopo aver formato un occhiello, si dispone parallelamente a se stesso.

Dormiente
Tratto di cima che non prende parte nella confezione del nodo.

Filaccia
È il prodotto della filatura di una fibra vegetale o sintetica. Più propriamente viene chiamata filato o trefolo. Due o più filati ritorti insieme formano il legnuolo. Due o più legnuoli formano il cavo.

Gomena
Cavo di grosso diametro (circa 45 cm).

Impiombatura
Unione di due cavi ottenuta intrecciando fra loro i legnuoli.

Impalmatura
Legatura con spago effettuata alle estremità dei cavi affinché non si sfilaccino.

Intugliatura
Unione di due cavi mediante nodi di giunzione.

Legnuolo
Due o più filati uniti per torcitura. Commettendo due o più legnuoli si ottiene un cavo.

Crociera in barca a vela in Grecia Ionica

Vacanze in barca a vela in Grecia Ionica.

La grecia Ionica è caratterizzata da oltre 120 isole di cui circa 20 abitate. Il fascino della Grecia è incantato da storie e leggende di mille navigatori che hanno contribuito a fare

la storia del Mediterraneo,la diffusione di culture e tradizioni conosciute in tutto il mondo è considerate la culla di tutte le civiltà.

Per chi vi naviga a vela ,le isole della Grecia Ionica sono favorite da condizioni climatiche veramente ideali anche per chi è alla prima esperienza in barca a vela.

Una esperienza unica e indimenticabile quella di navigare sospinti dal vento di Maestrale ,tra variopinti e profumati paesaggi mediterranei ,sulle rotte percorse da Ulisse e l’isola di Itaca ,tra baie e fondali dalle acque cristalline,su spiagge dove vanno a depositare le uova le tartarughe marine,tra delfini che si affiancano alla prua,tra templi e villaggi di pescatori a gustare la cucina

tipica ,il pesce fresco e l’ospitalità calorosa dei Greci.

Gli Itinerari.

Le crociere in barca a vela in Grecia Ionica hanno nel nostro itinerario nel mese di Agosto , Settembre e Ottobre

sono di 10 e 11 giorni cadauna.Esse hanno il seguente itinerario in programma :Partenza e rientro dal marina di Lefkada

,toccheremo le isole di Lefkas,Corfu’,Paxos e Anti-Paxos,Skorpios,Kalamos,Kastos,Atoko,Itaca,Cefalonia,Zante.

Collegamenti

Sono numerosi dall’Italia ,alcuni suggerimenti li troverete nella pagina “ come raggiungerci “

La Croazia in barca a vela con Paolo Lazzari

15.02.2023 - Spesso succede che molti italiani non conoscendo bene quello che hanno vicino prenotano le loro vacanze in barca vela o corsi di vela in posti lontanissimi. Percorrono migliaia di miglia in aereo per arrivare in posti esotici per fare cose che si possono fare con molta più comodità e a miglior prezzo in Italia e in Croazia ; infatti succede che le aspettative poi non corrispondono effettivamente alla qualità della vacanza in barca vela scelta. E’ d’obbligo scrivere alcune righe anche per dovere di valorizzare ciò che abbiamo. L’Italia è circondata dal mare e credo che una persona di buon senso prima di avventurarsi a fare una vacanza in barca a vela ai Caraibi, dovrebbe guardarsi intorno e valutare quello che il territorio stesso offre. Le possibilità sono tantissime, si può scegliere di fare una settimana a vela in Sardegna, una crociera in barca a vela alle Eolie, una escursione a vela alle Isole Pontine o l’Arcipelago Toscano o meglio ancora navigare a vela nella penisola sorrentina fino a Ischia e Capri. E’ mia convinzione che per comprendere meglio il contesto di un territorio è importante conoscere le sue origini e la sua storia. Proseguendo con il nostro breve elenco avremo ancora la possibilità di affacciarci sulla sponda del mare Adriatico e sino allo Ionio. Una cosa che mi colpisce molto navigando a Vela in Adriatico in Croazia, è ascoltare i turisti italiani che usano i toponimi croati invece dei propri italiani, sapendo oltretutto che, hanno una origine e tradizione millenaria. Riflettendo bene, la Dalmazia è stata per lungo tempo sotto il dominio della Serenissima Repubblica Marinara di Venezia. Deduciamo quindi che una parte di ciò che è rimasto ed è tanto, esso ci appartiene, fa parte della nostra cultura. Parlando dunque della Croazia e le sue isole che sono più di 1200, l’opportunità di visitarle credo che non debba sfuggire.

Oltre il suo numero alto di isole e isolette, ci sono 5000 km di costa e una densità abitanti esigua. Io che navigo i mari della Croazia ormai da più di 30 anni ancora oggi mi stupisco per la sua bellezza paesaggistica, storico culturale, il mare oggettivamente ancora incontaminato e i suoi fondali dove l’acqua è veramente pulita inoltre la facilità con cui si può navigare tra un’isola e un’altra è indiscutibile. Ogni rotta ti dà la possibilità di fare grandi veleggiate, il vento predominante durante il periodo estivo è il Maestrale che già dalle ore 11:00 inizia a soffiare. Quando poi ti vuoi fermare per un bagno, pausa pranzo o per la notte, i ridossi e le baie sono innumerevoli e c'è sempre posto, per non parlare dei comodi marina aci attrezzati in modo esemplare. Si può scendere a terra la sera a visitare posti veramente speciali come Hvar, La Palmizana, l’isola di Vis classificata tra le prime dieci isole piu’ belle del mediterraneo, l'isola di Mljet, Trogir , Korcula e Dubrovnik che sono patrimonio dell’Unesco oppure visitare le famose isole Kornati "Incoronate" e il suo parco nazionale che sono 89 isole in totale.

Le aree di navigazione principali sono 3 e tutte diverse come paesaggi. Parlando adesso della nostra proposta, non possiamo fare a meno di menzionare Velafriends come sito di riferimento per le crociere in barca a vela in Croazia che organizza in collaborazione con 42 Nord Charter & Brokerage società specializzata in charter e noleggio imbarcazioni per la Croazia.

Isola di Corfù: una storia millenaria

L’isola di Corfù sotto il dominio dei bizantini

Corfù fu fondata intorno al 700 a.C, periodo in cui era conosciuta con il nome di Corcira. In nome dell’isola, tuttavia, è cambiato spesso nel corso del tempo anche a causa dei numerosi dominatori che si sono alternati nel corso dei secoli. In epoca bizantina, ad esempio, a partire dall’VIII secolo in poi, l’isola di Corfù è appartenuta a quella di Cefalonia mentre, intorno alla fine dell’800, passò sotto il dominio di Costantinopoli. Intorno all’XI secolo, poi, l’isola di Corfù divenne mirino di conquiste da parte dei siciliani che però se ne impadronì solo solo temporaneamente per merito dei desideri espansionistici di Roberto il Guiscalco.

Il dominio siciliano, in effetti, durò davvero poco tempo anche perché l’isola di Corfù torno presto nelle mani bizantine. Il tira e molla tra siciliani e bizantini proseguì ancora per un po’ di tempo, finchè l’isola non passò direttamente sotto il dominio della repubblica di Genova. Durante questo periodo, l’ammiraglio Leone Vetrano fu così interessato alla conquista di Corfù che, una volta raggiunto il suo obiettivo, si fece proclamare conte ufficiale dell’isola. L’ultimo atto della dominazione bizantina vide l’isola di nuovo conquistata dai Veneziani che cacciarono, a loro volta, il conte Leone Vetrano. A quel punto, l’isola fu divisa il 10 feudi che furono affidati rispettivamente a dieci nobili signori veneti.

Questi, in realtà, ricevettero un vero e proprio regalo dal momento che non dovevano far altro che provvedere alla difesa dell’isola attraverso il versamento di una somma di denaro fissa ogni anno. Anche l’era dei signori veneti durò poco perché Niceforo Ducas dall’Epiro, ordinò l’edificazione del castello di S. Angelo per proteggere Corfù dai futuri attacchi delle flotte genovesi e, poiché sua figlia sposò il figlio di Federico II di Svevia, ottenne come regalo proprio l’isola di Corfù che, in questo modo, fu allontanata per sempre dalla dominazione bizantina.

L’isola di Corfù dominata dal Regno di Napoli

Per un po’ di tempo, quindi, l’isola greca passò nelle mani del Regno di Napoli; tuttavia, anche la dominazione di Carlo D’angiò fu di breve durata. Intorno al 300, infatti, Corfù fu definitivamente espropriata dai possedimenti aragonesi per passare in mano al principato di Taranto.

Da quel momento l’isola di Corfù conobbe un cambiamento radicale sotto il profilo politico ed economico: l’isola, infatti, passò nelle mani di gruppo di soldati italiani e francesi che furono incaricati di governarla e mantenerla in sicurezza; tuttavia, anche da un punto di vista sociale ed amministrativo le cose cambiarono profondamente. L’isola, infatti, fu divisa in numerosi feudi che furono affidati ad altrettanti baroni italiani e, in generale, furono creati quattro balivati chiamati rispettivamente Oros, Alefchimo, di Mezzo e Agirù.

L’isola durante il dominio napoletano, si popolò di tanti immigrati che arrivavano soprattutto dalla Puglia e che, nel giro di poco tempo, divennero funzionati ed impiegati politici di vari livelli. L’isola greca tuttavia iniziò presto ad accusare le pressioni religiose e i dissidi esistenti tra i vari insediamenti cattolici e ortodossi. Le contese favorirono le pretendenti al regno, Venezia in primis, i cui signori cominciarono a fare pressione per una conquista prima militare e poi economica. Il passaggio al dominio veneziano terminò intorno al 1402, anno in cui il re di Napoli, Ladislao II, consegnò l’isola di Corfù alla Repubblica di Venezia per la somma di circa 30.000 ducati d’oro.